venerdì 29 maggio 2009

Amedit


ringraziamo per l onore che ci fate seguendoci

Riceviamo e Publichiamo


Il voto intelligente di un SICILIANO COSCIENTE, oggi, è quello dato all'AUTONOMIA Bruxelles, 26 maggio - ore 22.04 a Ballarò il Presidente della Regione Siciliana Raffaele Lombardo pronuncia questa frase: Io sono un autonomista ma se questa è la politica italiana io sarò un indipendentista.50 anni fa, timidamente, Silvio Milazzo pronunciò parole simili, ma le sue parole e le sue iniziative morirono sul nascere: ebbe contro tutte le forze politiche italiane.L'ALTRA SICILIA, memore di quella esperienza, non farà mancare al presidente Lombardo il suo appoggio morale e politico in questa via appena intrapresa.
Il voto intelligente di un SICILIANO COSCIENTE, oggi, è quello dato all'AUTONOMIA!Leggi tutto...
Io voterò MpA (di Nicola Zitara)I segni sono importanti. Il più recente ci viene dalle grandi e medie imprese toscopadane che si stanno tuffando nel mercato degli Stati Uniti d'America a comprare industrie all'avanguardia, benché esauste di capitali liquidi. Non si tratta quindi della sola Fiat, gloriosa di innovazioni ecologiste, che sbarca a Detroit, ma anche di imprese il cui nome sfugge alla massa di elettori e perfino all'articolista.
Come è sempre accaduto nei periodi di crisi, anche adesso saranno i settori meno forti dell'economia a portare la borraccia a favore dei settori più avanzati. Leggi tutto...Adesso abbiamo il delegato alle comunità siciliane nel mondo. Cambiera qualcosa?La brillante e reclamizzata “soluzione” dell’emergenza rifiuti grazie alla salvifica opera della premiata ditta B&B (Berlusconi-Bertolaso) è una farsa che rischia di finire male.Da Caserta a Napoli, da Benevento ad Avellino la situazione si sta facendo di nuovo critica.E come se non bastasse è esploso lo scandalo Ferrandelle.
In tutto questo periodo, la spazzatura “sparita” è sempre rimasta in patria ed è stata ammassata nell’ex proprietà fondiaria, dell’ex boss del clan dei Casalesi, Francesco Schiavone, meglio conosciuto come Sandokan.In una zona, una volta incontaminata, al confine tra Casal di Principe, Santa Maria La Fossa e Grazzanise è nata la mega discarica di Ferrandelle. Leggi tutto...
-----------------------------------------------------------L'ALTRA SICILIA - ANTUDOAl

giovedì 21 maggio 2009

Piazza Armerina En


http://video.google.it/videoplay?docid=-8535789280421503048&ei=xCQVSsKgMqjS2gK26shD&q=piazza+armerina&hl=it


http://www.piazzaarmerina.org/























LA VILLA DEI MOSAICI
Si trova in "contrada Casale" nei pressi di Piazza Armerina risale alla fine del III secolo D.C.
Magnificamente ornata da stupendi mosaici, fu scoperta alla fine del 1800 per poi essere completamente portata alla luce nella metà del '900

domenica 17 maggio 2009

Barcellona pozzo di gotto Me

http://uk.video.yahoo.com/watch/939318
Barcellona Pozzo di Gotto racchiude una popolazione di quasi 40.000 abitanti e si trova in provincia di Messina. La localita' nasce dalla fusione dell'antico sito urbano di Pozzo di Gotto con la nuova citta' di Barcellona.La citta' presenta dei monumenti sacri interessanti, a partire dalla Chiesa dedicata al culto dell'Assunta, una Chiesetta che testimonia il passaggio dei Cappuccini nella zona, la settecentesca Chiesa dedicata all'Immacolata, la Chiesa dei Basiliani - quest'ultima merita una menzione particolare perche' presenta un tondo marmoreo appartenente all'ultima produzione artistica di Antonello Gagini - e la chiesa Madre.Quest'ultima, ovviamente, merita maggiore attenzione.Essa e' dedicata a San Sebastiano. E' di recente costituzione visto che e' stata edificata agli inizi del 1900. Il suo impianto basilicale preserva alcune opere d'arte a tema sacro importanti come la seicentesca tela raffigurante la Vergine e San Francesco, la seicentesca tavola raffigurante San Rocco fra i Ss. Caterina e Nicola ed una tavola quatteocentesca raffigurante San Basilio. http://espanol.video.yahoo.com/watch/965404/3737604 processione Varette

Emilio FEDE


http://www.emiliofede.net/fede/biografia.html

Emilio FIDO pardon FEDE nato a barcellona pozzo di gotto Messina noto giornalista ,direttore del tg4 per la sua faziosità fa il paio con Santoro
Un giornalista italiano (Emilio Fede), uno indu' ed uno mussulmano per un guasto all'auto si fermano in una fattoria dove chiedono aiuto. Il contadino pero' non ha il telefono e puo' solo dare ospitalita' per la notte, ma aggiunge: "Il problema e' che ho solo due letti. Se uno di voi puo' accomodarsi nella stalla, potremmo starci tutti". A quel punto l'indu' interviene: "Non ci sono problemi, datemi una coperta e io dormiro' nella stalla". Cosi' si organizzano. Dopo un po' pero' si sente bussare alla porta. E' l'indu' con la coperta in spalla: "Scusate, ma nella stalla c'e' una mucca e la mia religione mi impedisce di dormire insieme ad essa e quindi...". Allora il mussulmano dice: "Vi cedo volentieri il mio letto. Datemi la coperta e nella stalla dormiro' io". Tornano tutti nei rispettivi letti, quando, dopo un po', si risente bussare alla porta. E' ovviamente il mussulmano, con la sua copertina in spalla: "Scusate, non sapevo, ma nella stalla c'e' anche un maiale, e, capirete, la mia religione...". "Insomma, basta - sbotta Emilio Fede - vado io nella stalla, e cosi' si potra' dormire in pace!". L'indu' ed il mussulmano si accomodano nei letti, Fede nella stalla e tutti sembrano felici. Dopo qualche minuto, pero', si sente di nuovo bussare alla porta. E' il MAIALE ...

sabato 16 maggio 2009

Eleonora Abbagnato

http://www.movieplayer.it/personaggi/73074/eleonora-abbagnato/gallery-e-trailer/


Parigina d’adozione e italiana… pardòn! Palermitana, come lei stessa precisa con orgoglio, di nascita. Lineamenti eterei, angelici, braccia leggere e sinuose come dei petali, forme femminili ma leggiadre come piume, carnagione chiara e due grandi occhi blu: Eleonora Abbagnato non è poi tanto diversa dalle principesse aggraziate e pacate, mito delle nostre infanzie, che lei stessa interpreta e “vive”( e muore!) nei suoi amati balletti.
Ma improvvisamente, dietro a tutto questo candore fiabesco, un temperamento mediterraneo: come hanno detto di lei, “una principessa contemporanea uscita dalle fiabe per correre, con tutta sé stessa, nel nostro tempo accelerato ed esigente”, una donna forte e decisa. Non solo ora che con i suoi 28 anni ha raggiunto tutto il desiderabile per una danzatrice: donna, Eleonora lo è sempre stata, fin da quando, ingenua dodicenne, lascia i giochi e le gonne della mamma per inseguire un sogno, il balletto. Ma tanti sogni muoiono presto nei nostri cuori, sopraffatti da paure, vigliaccherie, ansie (nostre o di chi ci sta vicino!). E invece Eleonora si focalizza solo su quello che vuole, anche a scapito della vicinanza della famiglia; ha il coraggio di chiedersi definitivamente: cosa voglio veramente ESSERE nella vita? E lo scopre, che fortuna!, molto presto. La sua vera anima, la sua vera ragione, la sua vera gioia era la danza, il corpo (e le emozioni) in movimento.
Invece che giocare con le bambole come tutte le sue coetanee, Eleonora si rilassa guardando videocassette di grandi balletti classici, e invece di annoiarsi al negozio di abbigliamento della mamma di via Umberto Giordano a Palermo, a 3 anni sale gli scalini e si ritrova nelle scuola di danza di Marisa Benassai, dove per i primi tempi fissa attonita i tutù e le scarpette delle bambine che danzano. Ma non tarda molto a inserirsi nel gruppo e a soli 4 anni, ecco il primo paio di “mezze” e il primo saggio. Arrivano presto anche le partecipazioni a concorsi e stage, dove ottiene sempre ottimi riconoscimenti.
La piccola è già in tv all’età di 11 anni, scoperta da Pippo Baudo che la fa ballare in diretta un brano con Raffaele Paganini, e già in quell’occasione mostra tutta la disinvoltura e la sicurezza di un’artista fuori dal comune. Passerà anche sotto gli occhi attenti della Fracci, per un provino. Ma in questo suo continuo impaziente “girovagare”, sempre incoraggiata dalla famiglia, a 12 anni va a studiare a Montecarlo, nella scuola di Marika Bresobrasova.
Il grande coreografo Roland Petit, a Palermo per mettere in scena al Teatro Massimo “La Bella Addormentata”, la nota e la vuole per il ruolo di Aurora piccola, e da allora comincia una lunga tournée di un anno tra Marsiglia e Parigi. Dopo aver frequentato per più di un anno a Cannes lo stage dell’insegnante Rosella Hightower e l’Accademia di Danza Principessa Grace a Monaco, a 13 anni conosce Claude Bessy, allora direttrice dell’Accademia dell’Opèra, che dopo un’audizione privata la ammette, come borsista, alla Ècole de danse dell'Opèra di Parigi. Tre mesi dopo è già “ufficialmente” nella scuola. Sarà soltanto quattro anni dopo, nel 1996, appena maggiorenne, che si diploma, entrando nel corpo di ballo dell’Opèra.
Da lì si susseguono a cascata una serie di riconoscimenti della critica e successi di pubblico, in una parabola ascendente senza sosta: Coryphée nel ’99, Sujet nel 2000 e finalmente Première danseuse(Prima ballerina) nel 2001. L’unica ballerina italiana del nuovo millennio ad avere raggiunto un traguardo di così grande importanza.
Ma nonostante questo Eleonora è una ragazza semplice, una ragazza da jeans e maglietta, che alle interviste si presenta con i capelli raccolti e senza eccessivo trucco, e che adora, come tutte le donne, il piacere dell’essere esibizionista, quel piacere che, mancando, non le avrebbe consentito di fare la ballerina. Lo racconta lei stessa che da piccola le piaceva usare i movimenti del suo corpo per attirare l’attenzione della famiglia.
Nonostante la vita frenetica e completamente dedicata alla danza, è riuscita a trovare uno spazio per l’amore (naturalmente tra le mura dell’Opèra!) fidanzandosi per cinque anni con il ballerino Jeremye Belingard, una delle due storie importanti che le piace ricordare. Ora è single e si dedica ad ascoltare musica jazz e caraibica, a leggere i libri di Amelié Nothomb e agli amici, per i quali adora organizzare cenette, pur tenendo sotto controllo i suoi quaranta chili(per più di un metro e settanta di altezza!) con una dieta prettamente mediterranea mescolata al sushi, di cui è ghiotta.
Come vedete, Eleonora è una ragazza normalissima, lontana dai fumi di un mondo che vuole la competizione a tutti i costi e vicina, invece, ai suoi ideali. E’ l’esempio vivente di come, con grande Amore per quello che si fa e si sogna(l’amore con la A maiuscola), sia possibile aspirare a vette apparentemente irraggiungibili; di come con arduo impegno, a forza di allenamento e poi ancora di allenamento, fatica e tanta dedizione anche una piccola principessa come lei possa diventare una grande regina, la regina della Danza.

AFORISMA

DISSI LU SCECCO A LU MULU SEMU NATI PI DARI LU CU...

martedì 5 maggio 2009

Calatafimi Tp


Calatafimi rientra nella provincia trapanese e raccoglie piu' di 8.000 abitanti. Va ricordato per la sua posizione collinare e come centro agricolo, ma anche dal punto di vista storico e culturale ha tanto da offrire ai turisti interessati ad una visita.
Nasce in piena epoca araba nei pressi di una roccaforte bizantina e col nome di Kalt-al-Fimi, termine che si traduce in Castello di Eufemio.Nel XIV secolo la citta' vede l'arrivo degli Aragonesi che hanno il merito di riedificare l'antico castello e di tutelare la citta' attraverso la costruzione di una cinta muraria. Ulteriore fase storica cittadina riguarda il contatto con i Conti di Modica per i quali il centro diventa possedimento feudale. Durante questa fase storica il centro vede un discreto incremento demografico che porto' alla costruzione di nuovi quartieri e la presenza di vari Ordini Mendicanti.Nei secoli successivi tale spinta espansionistica continua con un certo vigore.Per dare un quadro completo dell'importanza storica della citta', occorre ricordare che essa e' legata anche alle vicende dei Mille guidati da Garibaldi.La battaglia contro i Borbonici vinta dai Garibaldini e che si svolse nel 1860 e' ricordata dal Monumento-Ossario presente nel Colle Pianto Romano. L'attivita' economica principale cittadina e' sempre stata quella agricola grazie alla enorme feritlita' del terreno. L'importanza storica di questo settore e' testimoniata dalla presenza in citta' di un Museo Etno-antropoligico dove soso stati ricostruiti fedelmente alcuni interessanti ambienti legati alla vita agricola dal punto di vista domestico e lavorativo.
Dal punto di vista culturale, si puo' iniziare a parlare delle varie Chiese cittadine.La Chiesa Madre e' intitolata a San Silvestro ed e' stata edificata nel XII secolo e successivamente ampliata. Essa si presenta con una struttura interna suddivisa in tre navate. Al suo interno sono preservate delle opere d'arte a tema sacro tra le quali spicca un polittico marmoreo raffigurante la Madonna col Bambino tra vari Santi; tale opera e' completata da vari bassorilievi raffiguranti scene della Passione e della Resurrezione.La Chiesa dedicata a San Michele va ricordata per la cinquecentesca acquasantiera e per il quattrocentesco Crocifisso ligneo.La Chiesa dedicata a Santa Caterina si presenta con una pianta ellittica e con una sola navata. Al suo interno sono custodite varie opere d'arte come il trittico dedicato alla "Madonna e Santi".La Chiesa dedicata al Santissimo Crocifisso si fa notare per gli affreschi e gli stucchi realizzati da A. Mercurio e D. Norrito.
Anche l'aspetto religioso e folcloristico della citta' merita una menzione.Ogni cinque anni, nei primi giorni del mese di maggio, ricorre la processione dedicata al Santissimo Crocifisso, manifestazione religiosa che affonda le sue radici nel lontano 1728. In quell'epoca le maestranze cittadine disobbedirono all'ordine del vicere' Caracciolo di rinunciare all'uso personale delle armi organizzandosi in confraternite ed associazioni che, ottenendo la protezione della chiesa, permisero loro di continuare a mantenere le proprie abitudini.Ancora oggi, in onore della festa del santissimo Crocifisso, la Maestranza sfila con un costume molto elegante e con il fucile alle spalle. La processione prevede anche la partecipazione dei rappresentanti dei vari ceti sociali, come i Cavalieri ed i Massari. Ulteriore arricchimento della processione e' data dalla presenza di svariati carri dove si puo' ammirare la rappresentazione di eventi biblici e della vita quotidiana.La festa ha il merito di evidenziare i frutti del lavoro agricolo effettuato durante l'anno, frutti simboleggiati splendidamente dal pane.

Palermo-Cagliari

http://www.youtube.com/watch?v=oXxYiIRcS1g&hl=it
Palermo-Cagliari stupenda partita il sogno continua

http://www.youtube.com/watch?v=eQ0phE8eCN4&hl=it Catania-milan

sabato 2 maggio 2009

Aidone En

http://it.truveo.com/MORGANTINA-TRINACRIA-AIDONE-SICILIA-SERRA-ORLANDO/id/270964413


Paese inserito nel comprensorio provinciale ennese, la citta' di Aidone si trova nei pressi del monte omonimo e si presenta con la sua tipica struttura urbana medievale con chiare remhttp://www.siciliasud.it/luoghi-Morgantina-aidoneinescenze islamiche.Essa e' un centro dei Monti Erei. La sua economia si basa prevalentemente sull'agricoltura e sul turismo fortemente favorito dalla estrema vicinanza con il sito archeologico di Morgantina.
La citta' merita la visita grazie alle sue chiese, tra le quali citiamo quella dedicata a Santa Maria la Cava fondata nei primi anni del 1100 e quella dedicata a San Lorenzo, cioe' la Chiesa Madre cittadina.
Aidone presenta anche i ruderi di un antico Castello, dall'origine normanna e danneggiato dal famoso terremoto del 1693 e dalla posizione quasi impraticabile, ed un importante Museo Archeologico Regionale che raccoglie i reperti provenienti dal vicino sito archeologico di Morgantina e delle localita' vicine come la contrada Cittadella e Serra Orlando.

S. Filippo apostolo

http://www.youtube.com/watch?v=RZymeMbYoDk&hl=it
Il primo maggio ricorre la festa di S. Filippo Apostolo ad Aidone (En), santo noto per le sue capacità taumaturgiche che è invocato per guarire gli infermi mentali e i malati cronici. I numerosi fedeli, provenienti soprattutto dalle altre città, accorrono in vario modo: alcuni arrivano scalzi donando al Santo parti del corpo umano in cera per sciogliere il proprio voto, altri arrivano trascinando grosse catene per fare ammenda delle loro colpe o per ringraziare dei favori ricevuti. Come in altre città siciliane, si ha la processione a spalla della bara e della statua del Santo. In passato erano portati in processione anche degli stendardi e le statue degli altri Apostoli. Al santo sono offerti fiori e fave per ingraziarselo. La statua del santo ed una sua reliquia sono trasportati fuori città, in una pianura, anche l'ultima domenica del mese per far si che il Santo benedica le piantagioni e renda cospicui i raccolti
La festa di San Filippo Apostolo I° maggio - Santuario di S.Maria Lo PlanoTesto di Umberto Digrazia
Dal documento manoscritto del canonicoLuciano Palermo del 1879 si rileva che il 4 dicembre 1633 il Vicario della Diocesi di Catania Don Francesco D'Amico visitò la Chiesa sacramentale di S.Maria Lo Plano, con le statue di S.Filippo, S.Giacomo, con il Reliquiario d'argento di detti apostoli con tutti i suoi privilegi; tale Reliquiario fu benedetto il 10 maggio 1631 a Regalbuto in corso di una sacra visita. Il primo maggio di ogni anno la statua di S.Filippo Apostolo viene portata in processione per tutte le vie del paese; tale reliquiario e statua sono custoditi nell'apposita Cappella di S.Filippo con tre chiavi ,una delle quali la tiene il Procuratore e le altre due i Maestri di detta Chiesa.
Il culto per San Filippo Apostolo, ad Aidone, ebbe inizio nel 1633 e il 19 maggio 1640 venne rilasciato il Privilegio dal Vescovo di Catania. Dal manoscritto del canonico Palermo si constata che il culto per San Filippo Apostolo era sempre accompagnato da ricche elemosine tanto che nella festa del I maggio del 1727 venne raccolta la consistente somma di Onze 6 tarì 9 grana 10 e che la Congregazione dei Venerdì Santo godeva di un censo enfiteutico perpetuo per testamento del Barone della Cavalleria Gianfilippo Calcagno.
Da ogni parte della Sicilia ed in particolar modo dai Comuni "dei Lombardi" come San Fratello, Enna, Nicosia, Troina, Sperlinga, Gagliano, Cesarò, Capizzi, Assoro, Piazza Armerina, Agira, partivano una moltitudine di fedeli per recarsi al Santuario di San Filippo Apostolo, anche denominato "UNIIR" in quanto nel 1801 venne realizzata una nuova statua in ebano con lavorazione a foglia d'oro(in ginocchio?).
Ormai da tanto tempo la festa del 1° maggio in parte supera quella del Patrono San Lorenzo martire e della Compatrona S.Maria delle Grazie, in quanto coincide con quella antica riservata alla Dea Demetra. Infatti, nel mese delle rose e dei fiori, i campi di grano appaiono come tante onde del mare, si racconta che l'ultima pioggia di primavera scende su Aidone, come un segno di benedizione da parte di San Filippo Apostolo.
I pellegrini, a piedi o con le macchine, secondo il voto da sciogliere ,cominciano ad arrivare a piccoli gruppi fin dal pomeriggio della vigilia e fino a notte inoltrata. L’affluenza maggiore si ha tra le ore 7,00 e le ore 13,00 del I maggio.

In evidenza
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San Domenico
Morgantina
Morgantina - i resti
U Battiment
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San Lorenzo
La festa di S. Filippo
Poesie e proverbi nella parlata Galloitalica di Aidone
Aidone: Dal dopoguerra al III Millennio
La Settimana Santa


(c) ViviEnna - tutti i diritti riservati

Randazzo Ct

http://www.associazioneris.it/links.asp

http://www.youtube.com/watch?v=Szpcez03AH0&hl=it












RANDAZZO11674 abitantiCarta Michelin n° 432 N 26
Piccola cittadina alle pendici dell'Etna, così vicina al vulcano da considerarsi quasi miracolata per non essere mai stata toccata dalla lava. Randazzo inizia a prosperare in periodo medievale (XII sec.). La sua fortuna continua fino al XVI sec, quando la polica fiscale dei sovrani spagnoli ed un'epidemia di peste mettono la città in ginocchio.
IL CENTRO
Randazzo potrebbe essere definita la città nera, nera di lava che viene utilizzata non solo per lastricare le strade, per sottolineare archi di porte e finestre (si veda ad esempio in corso Umberto, N° 100 l'edificio con belle bifore divise da colonnine tortili), ma che diviene la pietra base per costruire i monumenti, prima fra tutti la Chiesa di S. Maria.
S. Maria - L'edificio, iniziato nel XIII sec., è stato più volte rimaneggiato. Dell'originario impianto rimangono le absidi, tipicamente normanne, alte, possenti e decorate da sobrie arcatelle cieche, ed il lato destro, decorato da bifore e trifore. La facciata ed il campanile, in stile neogotico. risalgono al XIX sec. Il nero della pietra Iavica. base della costruzione, contrasta piacevolmente con il bianco delle finestre e dei portali. La sacrestia, corpo esterno alla chiesa, ospitava in passato il tribunale ecclesiastico.
San Nicolò - Corso Umberto è la principale arteria del centro storico. Dopo pochi passi imboccare a destra via Roma. Una traversa sulla sinistra permette di raggiungere piazza S. Nicolò, dominata dall'omonima chiesa. Edificata nel 1594, presenta una facciata i cui elementi strutturali sono sottolineati dalla pietra lavica. Il campanile risale al 1783.
Palazzo Clarentano - Sulla piazza si affacciano anche Palazzo Clarentano (1508) il cui prospetto è arricchito da belle bifore divise da esili colonnine e la Chiesetta di S. Maria della Volta (XIV sec.).
Via degli Archi - Sulla destra di Palazzo Clarentano, si apre la deliziosa Via degli Archi coronata, come suggerisce il nome, da una serie di archi. Dalla piazza proseguire per via Polizzi che permette di ammirare, in una stradina sulla destra, il bel portale lavico di Casa Spitaleri.
Proseguire lungo via Duca degli Abruzzi. Sulla destra si incrocia via Agonia, così chiamata perchè, si narra, veniva fatta percorrere dai condannati a morte che dal castello-carcere venivano portati alla Timpa, davanti a S. Martino, ove venivano giustiziati. Lungo la via si può ancora vedere un esempio tipico di casa trecentesca, caratterizzata da un vasto locale a pianterreno e due stanze quadrate al primo piano (visibile solo dall'esterno). Via Duca degli Abruzzi confluisce in corso Umberto. Un arco sulla destra ci indica l'antico ingresso del Palazzo Reale, di cui oggi resta solo parte della facciata, con una bella fascia marcapiano bicroma e due bifore. Il palazzo, prima di essere distrutto dal terremoto del 1693, ha ospitato personaggi famosi quali Giovanna d'inghilterra, sposa di Guglielmo II il Normanno. Costanza d'Aragona (la località era stata scelta come residenza estiva dalla corte aragonese) e, nel 1535, Carlo V.
Chiesa di S. Martino - Riedificata nel XVII sec., è fiancheggiata da un bellissimo campanile che risale al XIII-XIV sec. Coronato da merlatura, oltre la quale si affaccia un'aguzza cuspide ottagonale, è arricchito da eleganti monofore accostate, sottolineate da profonde bande policrome, e da belle trifore ogivali. All'interno della chiesa sono conservate due Madonne di scuola gaginesca ed un polittico attribuito ad Antonello de Saliba, allievo di Antonello da Messina. Sul lato opposto rispetto alla chiesa sussistono i resti del castello-carcere iniziato nel XIII sec. ed inizialmente torre della cinta muraria che racchiudeva la cittadella medievale. Poco oltre, la Porta di S. Martino ne costituiva uno degli accessi

venerdì 1 maggio 2009

Punti di vista


Home Lettere al Direttore "Ma io per il terremoto non do neanche un euro..."

"Ma io per il terremoto non do neanche un euro..."
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Domenica 12 Aprile 2009 14:42
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Scusate, ma io non darò neanche un centesimo di euro a favore di chi raccoglie fondi per le popolazioni terremotate in Abruzzo.So che la mia suona come una bestemmia. E che di solito si sbandiera il contrario, senza il pudore che la carità richiede.Ma io ho deciso. Non telefonerò a nessun numero che mi sottrarrà due euro dal mio conto telefonico, non manderò nessun sms al costo di un euro. Non partiranno bonifici, né versamenti alle poste. Non ho posti letto da offrire, case al mare da destinare a famigliole bisognose, né vecchi vestiti, peraltro ormai passati di moda.Ho resistito agli appelli dei vip, ai minuti di silenzio dei calciatori, alle testimonianze dei politici, al pianto in diretta del premier. Non mi hanno impressionato i palinsesti travolti, le dirette no – stop, le scritte in sovrimpressione durante gli show della sera.Non do un euro. E credo che questo sia il più grande gesto di civiltà, che in questo momento, da italiano, io possa fare.Non do un euro perché è la beneficienza che rovina questo Paese, lo stereotipo dell’italiano generoso, del popolo pasticcione che ne combina di cotte e di crude, e poi però sa farsi perdonare tutto con questi slanci nei momenti delle tragedie. Ecco, io sono stanco di questa Italia. Non voglio che si perdoni più nulla. La generosità, purtroppo, la beneficienza, fa da pretesto. Siamo ancora lì, fermi sull’orlo del pozzo di Alfredino, a vedere come va a finire, stringendoci l’uno con l’altro. Soffriamo (e offriamo) una compassione autentica. Ma non ci siamo mossi di un centimetro.Eppure penso che le tragedie, tutte, possono essere prevenute. I pozzi coperti. Le responsabilità accertate. I danni riparati in poco tempo. Non do una lira, perché pago già le tasse. E sono tante. E in queste tasse ci sono già dentro i soldi per la ricostruzione, per gli aiuti, per la protezione civile. Che vengono sempre spesi per fare altro. E quindi ogni volta la Protezione Civile chiede soldi agli italiani. E io dico no. Si rivolgano invece ai tanti eccellenti evasori che attraversano l’economia del nostro Paese.E nelle mie tasse c’è previsto anche il pagamento di tribunali che dovrebbero accertare chi specula sulla sicurezza degli edifici, e dovrebbero farlo prima che succedano le catastrofi. Con le mie tasse pago anche una classe politica, tutta, ad ogni livello, che non riesce a fare nulla, ma proprio nulla, che non sia passerella.C’è andato pure il presidente della Regione Siciliana, Lombardo, a visitare i posti terremotati. In un viaggio pagato – come tutti gli altri – da noi contribuenti. Ma a fare cosa? Ce n’era proprio bisogno?Avrei potuto anche uscirlo, un euro, forse due. Poi Berlusconi ha parlato di “new town” e io ho pensato a Milano 2 , al lago dei cigni, e al neologismo: “new town”. Dove l’ha preso? Dove l’ha letto? Da quanto tempo l’aveva in mente? Il tempo del dolore non può essere scandito dal silenzio, ma tutto deve essere masticato, riprodotto, ad uso e consumo degli spettatori. Ecco come nasce “new town”. E’ un brand. Come la gomma del ponte.Avrei potuto scucirlo qualche centesimo. Poi ho visto addirittura Schifani, nei posti del terremoto. Il Presidente del Senato dice che “in questo momento serve l’unità di tutta la politica”. Evviva. Ma io non sto con voi, perché io non sono come voi, io lavoro, non campo di politica, alle spalle della comunità. E poi mentre voi, voi tutti, avete responsabilità su quello che è successo, perché governate con diverse forme - da generazioni - gli italiani e il suolo che calpestano, io non ho colpa di nulla. Anzi, io sono per la giustizia. Voi siete per una solidarietà che copra le amnesie di una giustizia che non c’è.Io non lo do, l’euro. Perché mi sono ricordato che mia madre, che ha servito lo Stato 40 anni, prende di pensione in un anno quasi quanto Schifani guadagna in un mese. E allora perché io devo uscire questo euro? Per compensare cosa?A proposito. Quando ci fu il Belice i miei lo sentirono eccome quel terremoto. E diedero un po’ dei loro risparmi alle popolazioni terremotate. Poi ci fu l’Irpinia. E anche lì i miei fecero il bravo e simbolico versamento su conto corrente postale. Per la ricostruzione. E sappiamo tutti come è andata. Dopo l’Irpinia ci fu l’Umbria, e San Giuliano, e di fronte lo strazio della scuola caduta sui bambini non puoi restare indifferente. Ma ora basta. A che servono gli aiuti se poi si continua a fare sempre come prima? Hanno scoperto, dei bravi giornalisti (ecco come spendere bene un euro: comprando un giornale scritto da bravi giornalisti) che una delle scuole crollate a L’Aquila in realtà era un albergo, che un tratto di penna di un funzionario compiacente aveva trasformato in edificio scolastico, nonostante non ci fossero assolutamente i minimi requisiti di sicurezza per farlo.Ecco, nella nostra città, Marsala, c’è una scuola, la più popolosa, l’Istituto Tecnico Commerciale, che da 30 anni sta in un edificio che è un albergo trasformato in scuola. Nessun criterio di sicurezza rispettato, un edificio di cartapesta, 600 alunni. La Provincia ha speso quasi 7 milioni di euro d’affitto fino ad ora, per quella scuola, dove – per dirne una – nella palestra lo scorso Ottobre è caduto con lo scirocco (lo scirocco!! Non il terremoto! Lo scirocco! C’è una scala Mercalli per lo scirocco? O ce la dobbiamo inventare?) il controsoffitto in amianto. Ecco, in quei milioni di euro c’è, annegato, con gli altri, anche l’euro della mia vergogna per una classe politica che non sa decidere nulla, se non come arricchirsi senza ritegno e fare arricchire per tornaconto.Stavo per digitarlo, l’sms della coscienza a posto, poi al Tg1 hanno sottolineato gli eccezionali ascolti del giorno prima durante la diretta sul terremoto. E siccome quel servizio pubblico lo pago io, con il canone, ho capito che già era qualcosa se non chiedevo il rimborso del canone per quella bestialità che avevano detto.Io non do una lira per i paesi terremotati. E non ne voglio se qualcosa succede a me. Voglio solo uno Stato efficiente, dove non comandino i furbi. E siccome so già che così non sarà, penso anche che il terremoto è il gratta e vinci di chi fa politica. Ora tutti hanno l’alibi per non parlare d’altro, ora nessuno potrà criticare il governo o la maggioranza (tutta, anche quella che sta all’opposizione) perché c’è il terremoto. Come l’11 Settembre, il terremoto e l’Abruzzo saranno il paravento per giustificare tutto.Ci sono migliaia di sprechi di risorse in questo paese, ogni giorno. Se solo volesse davvero, lo Stato saprebbe come risparmiare per aiutare gli sfollati: congelando gli stipendi dei politici per un anno, o quelli dei super manager, accorpando le prossime elezioni europee al referendum. Sono le prime cose che mi vengono in mente. E ogni nuova cosa che penso mi monta sempre più rabbia.Io non do una lira. E do il più grande aiuto possibile. La mia rabbia, il mio sdegno. Perché rivendico in questi giorni difficili il mio diritto di italiano di avere una casa sicura. E mi nasce un rabbia dentro che diventa pianto, quando sento dire “in Giappone non sarebbe successo”, come se i giapponesi hanno scoperto una cosa nuova, come se il know – how del Sol Levante fosse solo un’ esclusiva loro. Ogni studente di ingegneria fresco di laurea sa come si fanno le costruzioni. Glielo fanno dimenticare all’atto pratico. E io piango di rabbia perché a morire sono sempre i poveracci, e nel frastuono della televisione non c’è neanche un poeta grande come Pasolini a dirci come stanno le cose, a raccogliere il dolore degli ultimi. Li hanno uccisi tutti, i poeti, in questo paese, o li hanno fatti morire di noia.Ma io, qui, oggi, mi sento italiano, povero tra i poveri, e rivendico il diritto di dire quello che penso. Come la natura quando muove la terra, d’altronde.Giacomo Di Girolamo
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Portella delle Ginestre

Guttuso portella delle ginestre http://www.youtube.com/watch?v=PUkZN902wWM&hl=it
Personalmente non ho mai creduto che Turiddu abbia sparato sui contadini ma che i suoi ordini fosserò di sparare in aria,non il Turiddu di cui mi raccontava mio nonno ,Turi lo spaccone che era a Palermo mentre lo cercavano in tutta la Sicilia,Turi che donava denaro ai poveri

Associazione Wikimedia Itali da Strage di Portella della Ginestre
Portella della Ginestra è una località in provincia di Palermo, situata nei pressi della Piana degli Albanesi. È nota per essere stata teatro della strage del 1° maggio 1947. Sul luogo della tragedia ora sorge un memoriale, costituito da numerose iscrizioni incise su pietre di grandi dimensioni, poste attorno al "sasso di Barbato", che prende il nome da Nicola Barbato,che fu fra i fondatori dei Fasci siciliani



La strage [modifica]


Salvatore Giuliano fu identificato come il responsabile della strage di Portella
Il 1 maggio 1947, nell'immediato dopoguerra, si tornava a festeggiare la festa dei lavoratori, abolita durante il regime fascista. Circa duemila lavoratori della zona di Piana degli Albanesi, in prevalenza contadini, si riunirono nella vallata di Portella della Ginestra, nei pressi di Palermo, per manifestare contro il latifondismo, a favore dell'occupazione delle terre incolte, e per festeggiare la vittoria del Blocco del Popolo nelle recenti elezioni per l'Assemblea Regionale Siciliana, svoltesi il 20 aprile di quell'anno e nelle quali la coalizione PSI - PCI aveva conquistato 29 rappresentanti (con il 29% circa dei voti) contro i soli 21 della DC (crollata al 20% circa).
Sulla gente in festa partirono dalle colline circostanti delle raffiche di mitra che lasciarono sul terreno, secondo le fonti ufficiali, 11 morti (9 adulti e 2 bambini) e 27 feriti, di cui alcuni morirono in seguito per le ferite riportate. La CGIL proclamò lo sciopero generale, accusando i latifondisti siciliani di voler “soffocare nel sangue le organizzazioni dei lavoratori”[1].
Solo quattro mesi dopo si seppe che a sparare materialmente erano stati gli uomini del bandito separatista Salvatore Giuliano, colonnello dell'Esercito Separatista Siciliano E.V.I.S.. Il rapporto dei carabinieri sulla strage faceva chiaramente riferimento ad "elementi reazionari in combutta con i mafiosi locali". Nel 1949 Giuliano scrisse una lettera ai giornali, in cui affermava lo scopo politico della strage. Questa tesi fu smentita dall'allora ministro degli Interni Mario Scelba.
Nel 1950, il bandito Giuliano fu assassinato dal suo luogotenente Gaspare Pisciotta, il quale morì avvelenato in carcere quattro anni più tardi, dopo aver affermato di voler rivelare i nomi dei mandanti della strage. Attualmente vi sono forti dubbi sul fatto che Pisciotta fosse l'autore dell'omicidio, come è stato fatto osservare nella trasmissione Blu notte ed emerge dal lavoro di Alberto Di Pisa e Salvatore Parlagreco [2].

Le vittime [modifica]
Queste le vittime commemorate dalla lapide posta sul luogo del massacro:
Margherita Clesceri
Giorgio Cusenza
Giovanni Megna (18 anni)
Giovanni Grifò (12 anni)
Vincenza La Fata (8 anni)
Giuseppe Di Maggio (7 anni)
Filippo Di Salvo
Francesco Vicari
Castrenze Intravaia (18 anni)
Serafino Lascari (15 anni)
Vito Allotta (19 anni)

Le prime ipotesi [modifica]
Sul movente dell'eccidio furono formulate alcune ipotesi già all'indomani della tragedia. Il 2 maggio 1947 il ministro Scelba intervenne all' Assemblea Costituente, affermando che dietro all'episodio non vi era alcuna finalità politica o terroristica, ma che doveva essere considerato un fatto circoscritto, e identificò in Salvatore Giuliano e nella sua banda gli unici responsabili. Il processo di Viterbo del 1951 (dapprima istruito a Palermo, poi spostato per legittima suspicione) si concluse con la conferma di questa tesi, con il riconoscimento della colpevolezza di Salvatore Giuliano (morto il 5 luglio 1950, ufficialmente per mano del capitano Antonio Perenze) e con la condanna all'ergastolo di Gaspare Pisciotta e di altri componenti la banda. Pisciotta durante il processo, oltre ad attribuirsi l'assassinio di Giuliano, lanciò pesanti accuse sui presunti mandanti politici della strage. [3]
« Coloro che ci avevano fatto le promesse si chiamavano così: il deputato DC Bernardo Mattarella, il principe Alliata, l'onorevole monarchico Marchesano e anche il signor Scelba… Furono Marchesano, il principe Alliata, l'onorevole Mattarella a ordinare la strage di Portella… Dopo le elezioni del 18 aprile 1948, Giuliano mi ha mandato a chiamare e ci siamo incontrati con Mattarella e Cusumano; l'incontro tra noi e i due mandanti è avvenuto in contrada Parini, dove Giuliano ha chiesto che le promesse fatte prima del 18 aprile fossero mantenute. I due tornarono allora da Roma e ci hanno fatto sapere che Scelba non era d'accordo con loro, che egli non voleva avere contatti con i banditi. »
La seconda ipotesi fu quella sostenuta da Girolamo Li Causi in sede parlamentare, dalle forze di sinistra e dalla CGIL, secondo la quale il bandito Giuliano era solo l'esecutore del massacro: i mandanti, gli agrari e i mafiosi, avevano voluto lanciare un preciso messaggio politico all'indomani della vittoria del Blocco del Popolo alle elezioni regionali. [4]
In seguito ai riscontri emersi dal processo, diversi parlamentari socialisti e comunisti denunciarono i rapporti tra esponenti delle istituzioni, mafia e banditi. Intervenendo alla seduta della Camera dei deputati del 26 ottobre 1951, lo stesso Li Causi affermava:
« Tutti sanno che i miei colloqui col bandito Giuliano sono stati pubblici e che preferivo parlargli da Portella della Ginestra nell'anniversario della strage. Nel 1949 dissi al bandito: "ma lo capisci che Scelba ti farà ammazzare? Perché non ti affidi alla giustizia, perché continui ad ammazzare i carabinieri che sono figli del popolo come te?". Risposta autografa di Giuliano, allegata agli atti del processo di Viterbo: "Lo so che Scelba vuol farmi uccidere perché lo tengo nell'incubo di fargli gravare grandi responsabilità che possono distruggere la sua carriera politica e finirne la vita". È Giuliano che parla. Il nome di Scelba circolava tra i banditi e Pisciotta ha preteso, per l'attestato di benemerenza, la firma di Scelba; questo nome doveva essere smerciato fra i banditi, da quegli uomini politici che hanno dato malleverie a Giuliano. C'è chi ha detto a Giuliano: sta tranquillo perché Scelba è con noi; Tanto è vero che Luca portava seco Pisciotta a Roma, non a Partinico, e poi magari ammiccava: hai visto che a Roma sono d'accordo con noi? »

Opinioni recenti [modifica]
In tempi più prossimi la tesi delle collusioni ad altissimo livello, fino al capolinea del Quirinale, è stata assunta e rilanciata da Sandro Provvisionato, in Misteri d'Italia (Laterza 1994), e da Carlo Ruta, il quale nel prologo de Il binomio Giuliano Scelba (Rubbettino 1995)scrive:
« Sugli scenari che si aprirono con Portella della Ginestra, alcuni quesiti rimangono aperti ancora oggi: fino a che punto quegli eventi tragici videro realmente delle correità di Stato? E quali furono al riguardo le effettive responsabilità, dirette e indirette, di taluni personaggi chiamati in causa per nome dai banditi e da altri? Fra l'oggi e quei lontani avvenimenti vige, a ben vedere, un preciso nesso. Nel pianoro di Portella venne forgiato infatti un peculiare concetto della politica che giunge in sostanza sino a noi. »

Una tesi recente [modifica]
Una tesi più grave, recente, attribuisce invece la strage ad una coincidenza di interessi tra i post-fascisti legati alla Xª Flottiglia MAS di Junio Valerio Borghese, i servizi segreti USA (preoccupati dell'avanzata socialista - comunista in Italia) ed i latifondisti siciliani. Non vi sono tuttavia prove.
« I rapporti desecretati dell’Oss e del Cic (i servizi segreti statunitensi della Seconda Guerra Mondiale), che provano l’esistenza di un patto scellerato in Sicilia tra la cosiddetta “banda Giuliano” e le forze paramilitari del fascismo di Salò (in primis, la Decima Mas di Junio Valerio Borghese e la rete eversiva del principe Pignatelli nel meridione) sono il risultato di una ricerca promossa e realizzata negli ultimi anni da Nicola Tranfaglia [5] (Università di Torino), dal ricercatore indipendente Mario J. Cereghino e da chi scrive[6]. »
(da Edscuola, Dossier a cura del prof. Giuseppe Casarrubea)
« Il Giuliano allora si è avvicinato a me chiedendomi dove fosse mio fratello. Ho risposto che si trovava in paese con un foruncolo. Egli allora mi ha detto: 'E' venuta la nostra liberazione'. Io ho chiesto: -E qual è?- Ed egli di rimando mi disse: 'Bisogna fare un'azione contro i comunisti: bisogna andare a sparare contro di loro, il 1° maggio a Portella della Ginestra. Io ho risposto dicendo che era un'azione indegna, trattandosi di una festa popolare alla quale avrebbero preso parte donne e bambini ed aggiunsi: 'Non devi prendertela contro le donne ed i bambini, devi prendertela contro Li Causi[7]e gli altri capoccia' »
(Dichiarazione di Gaspare Pisciotta)
Non fu mai possibile dimostrare la veridicità di questo scenario, tramite testimonianza diretta, perché Giuliano fu ucciso nel 1950. Il probabile assassino, il suo luogotenente Gaspare Pisciotta, venne a sua volta ucciso nel 1954, avvelenato in carcere con della stricnina nel caffè, dopo aver preannunciato rivelazioni sulla strage. Sosteneva di aver ucciso Giuliano dietro istruzioni del Ministro dell'Interno Mario Scelba e di aver raggiunto un accordo con il colonnello Ugo Luca, comandante delle forze anti banditismo in Sicilia, di collaborare, a condizione che non fosse condannato e che Luca sarebbe intervenuto in suo favore qualora fosse stato arrestato.
« Il nominato Gaspare Pisciotta di Salvatore e di Lombardo Rosalia, nato a Montelepre il 5 marzo 1924, raffigurato nella fotografia in calce al presente, si sta attivamente adoperando - come da formale assicurazione fornitami nel mio ufficio in data 24 giugno c. dal colonnello Luca - per restituire alla zona di Montelepre e comuni vicini la tranquillità e la concordia, cooperando per il totale ripristino della legge. »
(stralcio dell'attestato di benemerenza rilasciato al bandito Gaspare Pisciotta a firma del ministro Mario Scelba)

Film sulla strage di Portella [modifica]
Segreti di Stato (film)
Salvatore Giuliano (film)

Voci correlate [modifica]
Salvatore Giuliano
Gaspare Pisciotta
E.V.I.S. (Esercito Volontario per la Indipendenza Siciliana)
MIS (Movimento per l'Indipendenza della Sicilia)

Bibliografia [modifica]
Giuseppe Casarrubea. Storia segreta della Sicilia. Dallo sbarco alleato a Portella della Ginestra. Bompiani
Giuseppe Casarrubea. Tango Connection. L'oro nazifascista, l'America Latina e la guerra al comunismo in Italia. 1943-1947 ". Bompiani
Giuseppe Casarrubea. Fra' Diavolo e il governo nero. «Doppio Stato» e stragi nella Sicilia del dopoguerra. Franco Angeli editore
Giuseppe Casarrubea. Portella della Ginestra. Microstoria di una strage di Stato. Franco Angeli editore
Giuseppe Casarrubea e Mario J. Cereghino. Salvatore Giuliano. Morte di un capobanda e dei suoi luogotenenti. Franco Angeli editore
Carlo Lucarelli. Il bandito Giuliano in Nuovi misteri d'Italia. I casi di Blu Notte. Torino, Einaudi, 2004. pp. 3-24. ISBN 8806176405.
Carlo Ruta. Il binomio Giuliano-Scelba. Un mistero della Repubblica?. Rubbettino editore, Soveria Mannelli, 1995
Carlo Ruta. Giuliano e lo Stato. Documenti sul primo intrigo della Repubblica. Edi.bi.si., Messina 2004
Carlo Ruta. Il processo. Il tarlo della Repubblica. Eranuova, Perugia 1994
Francesco Petrotta. Portella della Ginestra. La ricerca della verità. Ediesse, 2007 (realizzato dalla Camera del Lavoro di Palermo e dalla Fondazione Di Vittorio) ISBN 8823012011

Note [modifica]
^ Maria Gigliola Toniollo -Il Popolo di Portella della Ginestra, su cgil.it
^ Il grande intrigo. Parte prima
^ Archivio '900: 1950. Il bandito Giuliano
^ Fabrizio Loreto, La memoria della strage di Portella della Ginestra
^ biografia di Nicola Tranfaglia
^ Coordinamento delle ricerche presso gli Archivi Nazionali degli Stati Uniti (NARA, College Park, Maryland) e l’Archivio Centrale dello Stato (Roma): Nicola Tranfaglia (Università di Torino), Giuseppe Casarrubea (Palermo), Mario J. Cereghino (San Paolo del Brasile)...
^ Intervento di Girolamo Li Causi all' Assemblea Costituente relativo a Portella della Ginestra nella seduta del 15 luglio



La straggi nta na stampa di l'èbbica .
Era lu 1° maiu 1947 e a Purtedda dâ Ginestra s'avìanu datu appuntamentu quarchi dumila pirsuni dû muvimentu cuntatinu pri fistiggiari la fini dâ dittatura e lu ritornu dâ libbirtati, mentri, dopu tant'anni di suttamissioni ô puteri feudali, si pinzava c'avìanu finutu li seculari privileggi dê picca. Dê cullini ntornu, la banda Giulianu, fici focu ammenza â fudda, facennu ùnnici morti (dui picciriddi fìmmini e novi cristiani granni) e chiòssai di cinquanta firiti.
La CGIL prucramau lu sciòpiru ginirali e accusau "la vuluntà dê latifunnisti siciliani d' affucari ntô sangu l'urganizzazzioni dî travagghiatura". Secunnu Mariu Scelba, tannu ministru di li nterni, la straggi di Purtedda dâ Ginestra, nun hava statu nu dilittu pulìticu, ma lu banditu Sarvaturi Giulianu, ntô 1949, ci scrivìu na littra ê giunali e â pulizzìa pri rivinnicari lu scopu pulìtìcu dâ straggi. Lu 14 di giugnettu 1950, lu sbannutu Giulinanu vinni ammazzatu dô sò locutinenti, Gaspari Pisciotta, ca, macari iddu, lu 9 di frivaru 1954, murìu avvilinatu n càrciri, dopu c'avìa diciutu cosi supra a cui urdinau la straggi di Purtedda.
Ìndici[ammuccia]
1 Lu picchì e lu pi comu
2 Lu via ê "misteri di Statu"
3 Li noma di l'ammazzati
4 Lijami di fora e rifirimenti
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Lu picchì e lu pi comu [cancia]

Dopu ca sbarcaru l'alliati, nu granni muvimentu urganizzatu avìa cunquistatu lu dirittu, già di l'autunnu dû 1944, d'accupari e aviri n cuncissioni li terri abbannunati o malamenti tinuti dû latifunnu. Dopu anni di suttamissioni ô puteri feudali, sustinutu dâ mafia e dô fascismu, la Sicilia stava vivennu na ràpita crìscita suciali e pulìtica. L'elizzioni dû 20 aprili 1947 pi l’Assimbrea riggiunalu siciliana avìanu purtatu a l’affirmazzioni dû Bloccu dû pòpulu e la scunfitta dâ Dimucrazzia Cristiana. L'avanzamentu dû muvimentu cuntatinu e dê forzi di manca, sunau comu na minazza pi cui pinzava ca lu sò puteri putìa èssiri n pirìculu.La riazzioni dê prupitari agrari avìa statu assai china di raggia e s'avìa diriggiuta spiciarmenti contra a li sinnacalisti, li capi lega, li diriggenti dê partiti dâ manca, cu ntimitazioni e ammazzatini. Cu tuttu chissu, lu muvimentu cuntatinu nun s'avìa piecatu e allura ci fu quarchidunu ca pinzò ca avìa vinutu lu mumentu di dàricci nu corpu dicisivu.

Lu via ê "misteri di Statu" [cancia]
La straggi di Purtedda desi lu via a la longa tiurìa dê "misteri di Statu taliani", assai prutetti dê mura di gumma, contra a cui sunnu distinati a rumpìrisi la ricerca dâ virità e la siti di giustizzia. Li ncridienti tìpichi dâ strateggìa dâ tinzioni (dipistaggi, morti suspetti, ricatti) s'attruvaru tutti pari ntô modu di comu vìnniru fatti li ndàggini supra la straggi e chiurutu lu capìtulu, assai mbarazzanti, dû banditìsimu sicilianu.

Li noma di l'ammazzati [cancia]
Ccà, p'arricurdari li màrtiri dâ Sicilia, li noma di l'ammazzati a Purtedda:Giuvanni Megna, Vitu Allotta, Vincenza La Fata, Giuvanni Grifò, Larenzu Di Maggio, Franciscu Vicari, Castrenza Intravaia, Giorgiu Cusenza, Margherita Clesceri, Sirafinu Lascari, Fulippu Di Salvo.

Lijami di fora e rifirimenti [cancia]
Rif.: L'artìculu supra aripurtatu, è pigghiatu pè parti cchiù significativi e traduciutu n lingua Siciliana dô situ "Avvinimenti taliani"



Chista è na vuci nzirita nni l'artìculu dâ simana, zoè una dî mègghiu vuci criati dâ cumunità.Fu ricanusciuta nnô 5 di aprili 2008
S'hai traduciutu n'artìculu o hai criatu na vuci e riteni ca sia lu casu di fàrila canùsciri picchì è cumpreta n tuttu, signàlila. Naturalmenti, sunnu boni accittati suggirimenti e canciamenti chi mìgghiùranu lu travagghiu.
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