sabato 27 febbraio 2010

PHIALE AUREA

La storia del "recupero" della phiale aurea di Caltavuturo, la cui autenticità è stata di recente confermata grazie a minuziose indagini di laboratorio, e lunga e complessa, trattandosi non soltanto della riscoperta di un eccezionale reperto archeologico, ma, anche, del frutto di un'importante e difficile inchiesta giudiziaria che ha segnato un rilevante traguardo dello Stato italiano nel recupero del patrimonio storico­artistico illegalmente trasferito all'estero.




Il piatto votivo, dal diam. Di cm 22,75 e dal peso di gr. 982,40, ha una larga e bassa vasca a profilo leggermente concavo con ombelico centrale (omphalos) e bordo pressoché verticale: la vasca e interamente decorata a sbalzo, con la tecnica della punzonatura e della cesellatura, e ad incisioni ottenute con microbulini a punta sottilissima.



La decorazione, in rilievo sul lato esterno del vaso, consiste di quattro fasce concentriche: il cerchio interno, più vicino all'omphalos, è formato da una fila di faggine, mentre le altre tre fasce sono costituite da ghiande alternate, nella fascia più esterna, ad un delicato motivo di api e fiori di loto stilizzati.



La fascia intorno al profondo omphalos centrale, è decorata all'esterno con grappoli, foglie e tralci di vite, che si sviluppano con elegante andamento curvilineo.



Per quanto riguarda il repertorio dei motivi figurativi rappresentati sulla coppa, esso è ampiamente documentato nell'ambito delle oreficerie greche: motivo delle ghiande e gia noto, ad esempio, dalla fine del VI sec. a.C. a Cipro, cosi come palmette, api, fiori di loto, viticci risultano diffusi soprattutto nelle produzioni di età ellenistica.



Ghiande decorano pure le altre due phialai d'oro "gemelle" del nostro esemplare: quella rinvenuta nel 1946 in Tracia, caratterizzata da tre cerchi di teste di negro, e quella del Metropolitan Museum, di cui non si conosce luogo di rinvenimento, ma che tuttavia, sulla base di alcuni elementi abbastanza probanti, sembra, anche in questo caso, potersi identificare con la Sicilia.



L'esemplare conservato a New York è pressoché identico al nostro, dal quale si differenzia solo per il peso, per la decorazione accessoria e per l'iscrizione in lettere puniche intorno all'omphalos.



L'iscrizione della phiale di Caltavuturo è, infatti, in caratteri greci, databili tra la fine del IV e l'inizio del III sec. a.C..



La parola xrysoi (oro) e tre lettere, simboli probabilmente del peso della coppa (115), sono di un sistema numerale che trova un puntuale confronto nel V decreto di Entella.



Un problema aperto rimane quello relativo all'identificazione del luogo di produzione della coppa, a prescindere dal suo rinvenimento, ormai conclamato nel territorio di Caltavuturo, evidentemente in connessione con il centro abitato di età ellenistica individuato sul Monte Riparato, di cui si conservano, presso l'antiquarim di Himera, i corredi rinvenuti nella necropoli nel corso delle regolari campagne di scavo effettuate nei decenni scorsi.



Non è da escludere, tra le varie ipotesi, la possibilità che il vaso sia arrivato nell'isola da un'area anche lontana, in un periodo particolarmente florido sotto il profilo economico e per il quale è attestata, attraverso i rinvenimenti archeologici, un'ampia circolazione di oggetti pregiati anche in abitati e centri dell'entroterra isolano.



Oppure, in alternativa, il vaso potrebbe essere stato realizzato in Sicilia da un esperto artigiano, formatosi altrove o che operava con modelli e repertori decorativi comuni ad altre regioni.

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