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Come Chagall,vorrei cogliere questa terradentro l’immobile occhio del bue. Non un lento carosello di immagini, una raggiera di nostalgie:soltantoqueste nuvole accagliate,i corvi che discendono lenti;e le stoppie bruciate, i radi alberi,che s’incidono come filigrane.Un miope specchio di pena, un greve destinodi piogge: tanto lontana è l’estate che qui distese la sua calda nuditàsquamosa di luce – e tanto diversol’annuncio dell’autunno,senza le voci della vendemmia. Il silenzio è vorace sulle cose.S’incrina, se il flauto di cannatenta vena di suono: e una fonda paura dirama.Gli antichi a questa luce non risero, strozzata dalle nuvole, che gemesui prati stenti, sui greti aspri,nell’occhio melmoso delle fonti;le ninfe inseguitequi non si nascosero agli dèi; gli alberi non nutrirono frutti agli eroi.Qui la Sicilia ascolta la sua vita.
La Sicilia, il suo cuore
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